Annunciata nell’ottobre del 2019, il prossimo 16 gennaio si concluderà la fusione tra due dei leader mondiali dell’industria automobilistica.
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Stellantis, i numeri del futuro:
In un mondo caratterizzato da un’incessante e travolgente lotta per il cambiamento e che vede nella costante innovazione tecnologica la chiave per un avvenire all’insegna dell’eco-sostenibilità, anche l’universo dell’automotive sembra aver accelerato in maniera progressiva quel processo di rivoluzione che, si spera, caratterizzerà i prossimi decenni.
Aria di novità la si respirava, in casa PSA e FCA, già il 31 ottobre 2019, data in cui i due colossi della produzione automobilistica avevano annunciato la propria graduale fusione, che si sarebbe compiuta solo nel gennaio del 2021. Il 5 gennaio scorso, infatti, le assemblee degli azionisti di PSA e FCA hanno sancito la nascita di Stellantis, gruppo che, forte di un’alleanza economica ed operativa senza pari in questo settore, promette di sbaragliare la concorrenza e di assicurarsi il primato anche nei campi di più immediato interesse: l’ibrido e l’elettrico.
I numeri, d’altro canto, parlano di un’unione mastodontica e che fa ben sperare gli azionisti dei gruppi interessati. Stellantis si piazza, infatti, come quarto costruttore più grande al mondo, con ben 8,1 milioni di auto vendute, 15 marchi ed un fatturato che, ad oggi, sfiora i 190 miliardi di euro.
Il nascente gruppo ha reso nota la propria organizzazione interna:
- Exor detiene il 14,4%
- Peugeot il 7,2%
- Lo stato francese il 6,2%
- La Dongfeng Motor Corporation il 5,6%
Quanto ai ruoli amministrativi, John Elkann (presidente ed amministratore delegato di Exor, ndr), Robert Peugeot e Carlos Tavares (amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione di PSA, ndr) saranno rispettivamente presidente, vicepresidente ed amministratore delegato di Stellantis.
Stellantis, il destino dei marchi di PSA e FCA:
Target diversi. Modalità operative agli antipodi. Aree di riferimento opposte. Tecnologie all’avanguardia e, in alcuni casi, mentalità chiuse all’innovazione. Anni fa anche solo pensare di poter vedere due marchi come Abarth e Dodge sotto lo stesso tetto e sotto una gestione che facesse capo ad un unico grande gruppo sarebbe stato da folli ed anche oggi, quando tale utopistica prospettiva si è effettivamente realizzata, risulta comunque strano far riferimento a Stellantis come ad un elemento unificatore di filosofie automobilistiche differenti.
A questo va aggiunto che la programmazione dell’organizzazione comprenderà l’inevitabile gestione degli esuberi di forza lavoro che accompagnano sempre questo tipo di fusioni.
I manager di Stellantis dovranno far fronte anche alla gestione, per nulla agevole e di immediata risoluzione, di ben 13 marchi diversi:
- Abarth. Un nome che, in Italia, ha fatto e farà sempre palpitare i cuori di tutti gli appassionati residenti nella penisola. Seppur la 500 abbia conquistato il favore di una bella fetta del pubblico americano (in un certo senso affascinato dalle inusuali e piccole forme di un’auto che, a confronto con le loro muscle car ed i loro pick up, è microsopica), Abarth copre solo una piccola nicchia di mercato ed il team di Stellantis, forte anche del riscontro estremamente positivo che la 500 elettrica ha riscosso nei mesi della sua presentazione, sembra essere disposto ad investire nella piccola gamma di modelli del gruppo italiano.
- Chrysler. La stessa fortuna non spetta allo storico gruppo americano, che sembra avviarsi verso un tramonto glorioso ma privo di vendite. Con soli tre modelli in gamma, Chrysler non risponde più alle esigenze del pubblico americano, sempre più affascinato dai suv, e sembra che Stellantis non sia disposta ad investire più in futuri modelli di monovolume come la Pacifica o il Voyager (due degli unici tre modelli di Chrysler in commercio attualmente).
- Alfa Romeo. Ricordate le espressioni inebriate e compiaciute dei tester che ebbero la fortuna di provare i primi modelli di Giulia? Dimenticatele. Alfa Romeo, nonostante i numeri da capogiro dei suoi modelli Stelvio e Giulia, ha perso molti soldi e solo a partire dai primi anni 2010 sembra essersi ripresa dallo scossone subito all’inizio del nuovo millennio. L’Alfa ha in mano molti progetti in collaborazione con alcuni degli altri marchi di Stellantis (con i quali condividerà elementi del telaio della Stelvio, ndr) ed i manager del gruppo sembrano pronti a rilanciare la casa italiana che, d’altro canto, deve fare ancora strada per migliorare dal punto di vista dello sviluppo sostenibile.
- Citroen. Nessun taglio in vista per uno dei gruppi cardine di Stellantis, sicuro che il marchio francese, anche grazie al vantaggio sulla produzione di veicoli elettrici ed ibridi, non deluderà le aspettative.
- Dodge. Potenza, potenza e ancora potenza. Non ci sarebbe modo migliore per descrivere la filosofia della casa statunitense, che però attualmente ha sul mercato solo tre modelli (Charger, Challenger e Durango, ndr) che, per quanto storici ed intramontabili, vedono i propri ruggenti V8 diventare sempre più ingombranti in un mondo sempre più “elettrico” (opzione, quest’ultima, che il gruppo non ha mai preso in considerazione). Inoltre, il fatto che i progetti di Dodge siano destinati unicamente al mercato americano (l’unico, per target, prezzo della benzina e disposizione territoriale a poter ospitare capolavori di meccanica come le Charger SRT Hellcat) sta portando Stellantis a valutare seriamente di ridurre il numero di fondi da destinare all’ariete statunitense.
- Maserati. L’unico gruppo di lusso del nascente costruttore vivrà una seconda giovinezza grazie all’ormai prossimo arrivo sul mercato della Grecale, suv basato sul pianale della Stelvio ed in grado di garantire, confort, lusso e soddisfazioni a livello prestazionale ad un mercato innamorato di veicoli sempre più grossi.
- Opel. La casa tedesca siede al tavolo delle grandi e lo fa con la sicurezza e quel pizzico di sfacciataggine che caratterizza chi sa di avere le proprie carte da giocare. Opel ha investito tanto negli ultimi anni nella produzione di modelli ibridi o full-electric e le piattaforme tecnologicamente avanzate che PSA metterà a disposizione dei vari costruttori nei prossimi mesi non potranno che mettere in discesa la strada degli ingegneri di Russelsheim.
- Lancia. La piccola e graziosa Ypsilon è l’unico modello della casa italiana attualmente presente sul mercato ed il suo fare riferimento ad un pubblico di nostalgici appassionati legati ad un glorioso passato sembra privare Lancia di qualsiasi possibilità di sopravvivenza nel progetto Stellantis.
- Peugeot. Diverso è il discorso per il costruttore francese, che, di fatto, è quello che conta il maggior numero di vendite e si prepara a ricevere il supporto economico sufficiente per poter tornare ad occupare anche il mercato statunitense.
- Ram. Chi non ama i pick up americani vecchio stampo? Nessuno sarà costretto a rinunciare alla bellezza di mezzi che staccano mezzo metro da terra e superano abbondantemente i cinque metri di lunghezza proprio grazie al già citato supporto tecnologico che PSA fornirà ai suoi costruttori. L’idea è quella di rivoluzionare la gamma di Ram con modelli “green” enormi e performanti come quelli mossi da motori endotermici.
- Fiat e Jeep. Diffuse e con un target che spazia dall’Europa all’America, Fiat e Jeep saranno supportate da Stellantis nell’evoluzione verso l’eco-sostenibile. Il team sta preparando il progetto per una futuristica sostituta della Punto.
Stellantis, la sfida con Toyota da non sottovalutare
Accampare pretese troppo ambiziose può rivelarsi deleterio se condividi il mercato con un colosso che, da solo, controlla quasi tutto la fetta orientale del settore. Non è un mistero che Toyota, con i suoi innovativi progetti mirati alla completa conversione della produzione all’elettrico, all’ibrido e all’idrogeno, stia conquistando l’Asia e raccolga un numero sempre crescente di consensi anche a livello globale. Stellantis affronterà un testa a testa che si giocherà tutto sulla capacità di rispondere alle esigenze di un’utenza automobilistica dai gusti in costante evoluzione.
A cura di Mario De Vito