INSIDE BANKS: ALESSIO MAROTTA, INTESA SANPAOLO

Alessio ha 24 anni, e si è laureato in Finanza alla Federico II e attualmente lavora presso Intesa Sanpaolo come Business Analyst con un contratto a tempo indeterminato.

Cosa ti ha spinto ad intraprendere il percorso di studi in Economia? E perché proprio economia delle imprese finanziarie?

Alla fine del liceo, dopo essere stato indeciso se seguire la mia passione per la letteratura, scelsi economia perché era l’unica altra facoltà per la quale mi sentivo portato, e valutando al meglio le opportunità offerte dalla Federico II scelsi CLEIF. Questo perché mi sembrava una scelta più specialistica rispetto alle tradizionali lauree in economia, reputando che questa avesse potuto poi darmi un vantaggio competitivo per trovare lavoro in futuro.

Prima di iscriverti all’università avevi già le idee chiare su quale carriera lavorativa intraprendere?

Assolutamente no, ho cambiato spessissimo idea su cosa avrei voluto fare nel corso dei 5 anni, ma alla fine ho capito che molto più che quello che vuoi fare (che è comunque importante) secondo me conta più chi vuoi essere, che tipo di persona vuoi diventare ecco.

Quali sono state le tue prime difficoltà nell’ambiente universitario?

Il primo anno è stato abbastanza traumatico, sono stato bocciato una volta all’esame di matematica e una volta in microeconomia pur essendo abbastanza preparato, perché il modo di approcciarsi agli esami universitari, imparare a gestire il momento, è completamente diverso dal liceo dove si ha un rapporto più continuativo con i professori e puoi permetterti in un certo senso di sbagliare. All’università invece è sempre un tutto e qui ed ora, non conta quanto e come hai studiato conta molto saperlo far capire a chi ti esamina e l’ho imparato col tempo, quindi l’inizio non è stato semplicissimo.

C’è stato un esame in particolare durante la tua carriera universitaria che ti ha colpito e ti ha fatto capire che eri sulla strada giusta?

Di esami ce ne sono stati diversi, econometria per esempio mi appassionò molto, ma quello che ho più apprezzato (soprattutto a distanza di qualche tempo) è stato lo sforzo che i professori, ed in particolare citerei il Prof. Curcio, La Prof.ssa Cocozza e la Prof.ssa Di lorenzo, hanno fatto nello stimolarci a farci pensare sempre in maniera diversa, che ritengo sia il fine ultimo e più nobile delle università.

Raccontaci dell’esperienza della Summer School. La consiglieresti ad uno studente universitario?

La summer school è stata una esperienza bellissima che rifarei altre mille volte. La scelta la feci perché decisi di non andare in erasmus, per non ritardare anche se solo di qualche mese la laurea, ma al contempo non far mancare un’esperienza all’estero sul CV. Ne fui particolarmente contento perché in particolare, quella che feci alla Solvay a Bruxelles,fu perfettamente bilanciata tra divertimento e lezioni durante le tre settimane che stetti lì (esperienza bellissima anche perché condivisa con un amico e collega universitario).

Abbiamo notato che sei rimasto coerente con il tuo percorso di studio. Cosa ti affascina così tanto della finanza?

Della finanza mi affascina molto la creatività, e di come spesso si tende a pensare che la finanza sia fatta di dogmi e regole rigide, quando in realtà è molto più creativa e fantasiosa di quello che si possa pensare.

Quali skills hai acquisito durante il periodo universitario che si sono rivelate utili nel mondo del lavoro? E oggi da lavoratore quali skills consiglieresti di approfondire ad uno studente?

Come detto prima credo che la cosa che ho imparato meglio all’università sia pensare, che può sembrare banale, ma è molto meno scontato di quello che si pensa, a mio avviso. Da lavoratore, oltre a quanto detto prima, consiglio di allenare molto l’intelligenza emotiva, perché alla fine per quella che è la mia esperienza puoi sapere fare qualsiasi cosa meglio di tutti, ma se non sai relazionarti con gli altri, se non sai porti, se non sai avere pazienza, non riesci a farlo trasparire con i tuoi colleghi e/o con i tuoi responsabili e rischi di far perdere valore al tuo lavoro.

Subito dopo la laurea magistrale hai fatto un master, come mai? 

Come tanti altri ragazzi, avevo paura di avere difficoltà a trovare lavoro alla fine del percorso universitario, quindi confrontandomi con i miei amici venni a conoscenza del Master offerto dal IPE business school, e decisi di fare application per una borsa di studio, che alla fine ottenni e decisi così di seguire il master. Guardandomi indietro, tuttavia, direi che il master è stata una tappa fondamentale della mia crescita personale, a volte ancora un po’ acerba, per la quale sono fortemente riconoscente verso l’IPE.

Ritenevi di dover approfondire delle competenze pratiche per entrare nel mondo del lavoro?

Si ritenevo necessario cambiare approccio rispetto al metodo accademico universitario, tuttavia mi sono reso conto di quanto per me sia stato più importante venire a contatto con tanti professionisti dalle varie aziende per capire cosa vuol dire davvero lavorare per una o per l’altra.

Come hai affrontato i tuoi primi colloqui?

Con molta curiosità, in quanto sono le prime volte che ti confronti con qualcuno di esterno che è lì per giudicarti come persona, e non sai cosa aspettarti, non hai la capacità di capire se magari sia andato bene o male, insomma bisogna fare esperienza e prepararseli prima, soprattutto a livello emotivo (cioè imparare a reggere le eventuali pressioni).

Hai qualche consiglio da dare ad un neolaureato?

Come mi spiegò perfettamente una delle persone più brillanti che abbia mai conosciuto (Giuseppe Travaglino), quando si ricevono i primi no, non abbattersi. Perché il No quasi sempre non è riferito alla persona, come spesso può essere percepito e gettare nello sconforto, ma al suo incastrarsi all’interno del complesso meccanismo umano che è un azienda. A tal proposito mi permetto di rubare un po’ di spazio per ricordare Giuseppe, al quale non passa giorno in cui non riesca a dedicare un pensiero e mi auguro che in tempi celeri l’università accolga l’istanza di intitolargli l’aula D4 proposta da ASE, sarebbe il minimo a mio avviso per ricordare un ragazzo straordinario come lui

Come ti sei approcciato al mondo del lavoro?

L’approccio è stato entusiasta, tuttavia è un po’ come quando si inizia l’università, si entra in un mondo completamente diverso da quello accademico, in cui ci sono altre regole e altre dinamiche, quindi credo che trovare alcune difficoltà all’inizio sia abbastanza normale.

Cosa hai provato quando hai iniziato a lavorare in una nuova città? Sentivi la distanza dalla tua famiglia?

Non è stato facile, per nulla. Sono andato via di casa entusiasta per la mia “nuova” vita, ma quando ci sono stati i momenti duri la voglia di mollare e tornare a casa c’è stata, ma bisogna stringere i denti e andare avanti. 

La distanza la senti soprattutto quando stai male, quando non hai nessuno a cui poterti rivolgere per assorbire le “botte” e le difficoltà. Quello che posso suggerire è di non far finta che vada tutto bene, illudendo sé stessi, bisogna prendere le difficoltà di petto e superarle anche se questo può costare molto.

L’esperienza di arbitro ti ha lasciato qualcosa di utile per la carriera che hai intrapreso?

Assolutamente, è un’esperienza che consiglio a tutti di fare, mi ha insegnato a gestire la pressione, a mantenere i nervi saldi e soprattutto a gestire le persone e far accettare le proprie decisioni agli altri, così come anche ammettere di aver sbagliato, perché non c’è nulla di male a riconoscere di aver fatto una cavolata (anche in ambito lavorativo) siamo umani, l’importante è che non capiti troppo spesso.

Cosa ti ha spinto a candidarti in una realtà come Intesa San Paolo?

La possibilità di Intesa San Paolo è venuta fuori attraverso il master con il quale sono stato selezionato insieme ad altri miei colleghi per partecipare ad una giornata di selezione a milano e dalla quale poi fui scelto. La voglia di candidarsi era legata ovviamente al prestigio di poter lavorare in banca e in una grande realtà come quella di ISP.

In cosa consisteva il ruolo di Assistant relationship Manager?

Il ruolo di ARM è un ruolo in cui si assiste il Gestore, ovvero colui che per conto della banca intrattiene i rapporti con le grandi società clienti. Quindi quello che si fa è supportarlo a livello amministrativo (espletando tutte le esigenze delle società) attraverso le analisi di bilancio e gestendo i rapporti con i clienti esterni.

In cosa consiste invece ora il ruolo di Business Analyst?

Il ruolo di BA è un’evoluzione del ruolo di ARM, quello di cui mi occupo è lavorare da un punto di vista di Corporate Finance sulle società facendo business plan, analisi sui financials e al contempo seguire e relazionarsi con tutte le componenti della nostra banca che intervengono all’interno delle proposte creditizie (e credetemi sono davvero tante!). Al contempo ovviamente è rimasto presente il relazionarsi con i clienti ed essere comunque un loro punto di riferimento.

Tra le figure lavorative che hai ricoperto in Intesa San Paolo, quale ritieni più adatta a te? E perché hai deciso di cambiarla?

I ruoli sono diversi, ma non così tanto. Il ruolo di Business Analyst è diciamo più analitico e vieni liberato dalle incombenze più basiche, ma al contempo perdi un po’ di parte relazionale in quanto ti relazioni più con i colleghi che con il cliente.

Lo spostamento In Germania è stato dettato da un’offerta di lavoro oppure da una tua aspirazione personale?

Diciamo che l’aspirazione di lavorare all’estero l’ho sempre avuta, tuttavia farlo in questo anno particolare con la pandemia che complica moltissimo gli spostamenti mi ha reso un po’ meno felice, ma è comunque una gran bella soddisfazione ed è stata una proposta che mi ha fatto Intesa Sanpaolo e alla quale non ho voluto rinunciare.

Quali sono le tue aspirazioni future? E come ti rivedi tra dieci anni?

Le aspirazioni future sono quelle di godermi l’esperienza estera al 100%, sperando quindi che la pandemia finisca il prima possibile, e di fare tesoro di quello che sto imparando e imparerò in un contesto internazionale. Sinceramente dopo la pandemia è diventato davvero difficile vedersi in un lasso di tempo così lungo, tuttavia in generale credo mi vedo con una famiglia e auspicabilmente in un ruolo, sempre all’interno della banca, dove possa riuscire a valorizzare quelle che sono le mie attitudini scoprendole in questi anni.

A cura di Maria Francesca Martino e Nunzio Visone.

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