La tassa riguarderà gli utili eccedenti una soglia del 10% sui margini di redditività
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Global Tax, cos’è e come funziona:
“Saluto con grande soddisfazione l’accordo sulla tassazione delle Multinazionali raggiunto oggi a Londra dai ministri delle finanze del G7. È un passo storico verso una maggiore equità e giustizia sociale per i cittadini”, dichiara il premier Mario Draghi.
Una ristrutturazione del sistema globale di tassazione che, per gli addetti ai lavori, rappresenta una svolta epocale: una di quelle riforme che viene posta in essere una volta ogni Secolo. I Ministri delle Finanze del G7, i maggiori Paesi industrializzati, hanno raggiunto a Londra un accordo per introdurre una tassa globale sulle aziende multinazionali con un’aliquota «almeno al 15%». In più, si prevede che il 20% dei profitti delle grandi compagnie che eccedono il 10% di margine di redditività verrà allocato ai Paesi dove quei guadagni sono effettivamente realizzati e lì tassati. In questo modo, si metterà fine alla pratica di dichiarare profitti in paradisi fiscali in cui c’è solo un domicilio legale.
Entrando nel dettaglio del testo diffuso dal G7, emerge che la tassa riguarderà gli utili eccedenti una soglia del 10% sui margini di redditività (quindi la quota di utili al di sotto di questa soglia è esentata). Inoltre, sulla quota eccedente questa soglia (almeno il 20%) sarà oggetto di “ricerca di una equa soluzione di allocamento” con i Paesi in cui vengono realizzate le attività fatturate. Si prevede dunque un meccanismo per imporre alle Multinazionali di pagare le tasse dove registrano le vendite.
“I vincitori di questa crisi devono dare il loro contributo”, ha affermato Paolo Gentiloni – Commissario Europeo per l’Economia -, alludendo con particolare riferimento ai giganti del settore tecnologico: le Big Tech come Amazon, Google e Facebook, che hanno visto i loro profitti balzare alle stelle grazie ai cambiamenti di abitudini introdotti dalla pandemia e dai lockdown. Una riallocazione delle tasse. Viene sottolineato che avrà un impatto positivo non solo sul piano economico, ma più in generale sul clima politico e sociale. La Global Tax diventerà operativa fra qualche anno: solo in quel momento, infatti, i Paesi che hanno introdotto una Digital Tax, fra cui l’Italia, la elimineranno.
Global Tax, tra il dire e il fare:
Se la proposta è stata accolta con estrema soddisfazione dalla maggioranza dei paesi riunitisi, dall’altro lato, è stata messa in discussione l’aliquota fissata 15% della tassazione, considerata una sorta di compromesso (al ribasso) rispetto al 21% proposto dal presidente americano Joe Biden. È evidente, infatti, come il 15% si avvicini sensibilmente al 12,5% applicato dall’Irlanda, che è uno dei Paesi con la tassazione corporate più bassa. Inoltre c’è da considerare che la proposta deve essere ancora approvata dal G20 e dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Dopodiché bisognerà trovare una formula che permetta di varare in contemporanea la stessa legge, adeguandola almeno ai contesti normativi dei 38 Paesi facenti parte dell’Organizzazione.
Rimane, poi, aperta la questione di rilevante importanza che riguarda la soglia dell’area “No Tax”. Nella sua formulazione attuale, infatti, la tassa si applicherebbe solo alle aziende con margini di profitto sopra il 10% rispetto al fatturato: una soglia che in casi estremamente rari le grandi multinazionali superano. Basti pensare che, un colosso come Amazon nel 2020, il suo anno “straordinario”, ha registrato un margine di profitto pari al 6,2%; distante anni luce dalla soglia minima. E le pochissime imprese che oggi superano la soglia del 10% lavorerebbero con i consulenti fiscali per “limarla”, al fine di restare nell’area No Tax. Il problema vero, quindi, non è l’aliquota del 15%, ma il fatto che i grandi gruppi raramente ufficializzano percentuali di redditività tali da far entrare in gioco la Global Tax, almeno così com’è prevista. Un pronostico semplice è che, alla fine, qualora la proposta dovesse essere approvata, le entrate nelle casse degli Stati dove le Multinazionali producono reddito saranno quasi nulle. Eppure il segnale dato dal G7 è importante lo stesso, perché suona come una sorta di avvertimento ai grandi operatori economici.
Global Tax, i benefici previsti per l’Italia:
È lecito chiedersi cosa significhi tutto questo per l’Italia; dunque come, le soglie individuate, possano tradursi in maggiori introiti per la casse dello Stato. Fermo restando che l’accordo sarà operativo tra qualche anno, è corretto sottolineare che, il Belpaese, prevede già una Digital Tax sui profitti specifici delle multinazionali del tech. Una misura che sarà sostituita dalla Global Tax, ma solo al momento dell’entrata in vigore di quest’ultima. Così come già specificato parlando delle problematiche dell’accordo riscontrate in campo internazionale, anche il passaggio dalle parole ai fatti a livello nazionale non è così facile da anticipare negli esiti. Lo dimostra proprio la Digital Tax, sovrastimata per circa 550 Milioni di €. Tuttavia è proprio dai colossi digitali che dovrebbe arrivare la maggior parte del gettito. Infatti attualmente queste aziende pagano le tasse nei paradisi fiscali, dove hanno la sede legale. Con la Global Tax, sarebbero a disposizione della macchina pubblica italiana arriverebbero 2,7 Miliardi di € in più. Discorso diverso per la tassazione delle multinazionali non tecnologiche, che godrebbero di un sistema fiscale agevolato. La prossima tappa per dare sempre più concretezza all’accordo è il G20 di Luglio: con presidenza italiana e in programma a Venezia.
A cura di Davide Giacobbe